È una chiamata in causa diretta e senza appello quella che arriva dal ministero dell’Ambiente sul caso delle Fonderie Pisano, da anni al centro di una mobilitazione civica perché ritenute responsabili di essere una fonte inquinante potenzialmente pericolosa per la salute dei cittadini.
Destinataria di questa chiamata in causa è l’amministrazione comunale di Salerno, più precisamente il primo cittadino Vincenzo Napoli, cui il ministero riconosce un potere d’intervento diretto a tutela della salute pubblica. Potere che, a detta dell’associazione “Salute e Vita” che anima la campagna contro l’inquinamento prodotto dalle fonderie, non è mai stato realmente ed efficacemente esercitato, tanto da spingere il presidente Lorenzo Forte ad annunciare una diffida nei confronti del sindaco. E non solo.
«Nel caso dovesse protrarsi l’inerzia attuale – dice – saremo costretti a procedere con una denuncia nei confronti del sindaco Vincenzo Napoli».
Ma come si è arrivati a questo punto? L’ultimo capitolo della vicenda prende le mosse nello scorso mese di giugno, il giorno 26 per l’esattezza, quando la Regione Campania rivolge un interpello al ministero dell’Ambiente. Nel documento vengono esposte una serie di criticità rilevate durante l’attività di controllo delle fonderie, impianto che – come precisa l’interpello della Regione – insiste «in una zona urbanizzata e con presenza di insediamenti civili». Un dato da tenere ben presente.
Quali sono le criticità cui fa cenno la nota della Regione Campania?
In primo luogo il fatto che «il rispetto dei limiti di concentrazione (delle polveri emesse, nda) non esclude significativi impatti ambientali legati alla massa complessiva delle polveri emesse». Emissioni i cui effetti vengono ampliati in particolari condizioni meteo. Inoltre, benché i livelli di emissione siano inferiori a quelli autorizzati, durante i controlli «sono stati riscontrati depositi di particolato polveroso sui balconi delle abitazioni circostanti».
A questo punto, dopo aver rilevato «criticità interpretative» delle norme, la Regione Campania chiede «un’interpretazione normativa circa la corretta applicazione del limite emissivo alle polveri totali per le installazioni di cui trattasi».
La risposta del ministero arriva solo a fine ottobre, ma è di quelle che lasciano il segno.
Richiamando l’articolo 29-quater del D.lgs. n. 152/2006, viene sottolineato che in sede di conferenza di servizi non solo vengono acquisite le prescrizioni del sindaco, ma anche che «ove successivamente al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) siano intervenute circostanze, nel caso lo ritenga necessario, il sindaco, può chiedere, nell’interesse della salute pubblica, con proprio motivato provvedimento, corredato dalla relativa documentazione istruttoria e da proposte di modifica puntuali, che l’autorità competente riesamini l’autorizzazione rilasciata».
Dopo aver richiamato anche l’articolo 29-septies, così conclude la nota ministeriale: «Alla luce di quanto sopra, l’autorizzazione integrata ambientale definisce anche le prescrizioni volte a garantire la compatibilità ambientale e sanitaria dell’esercizio e, a tale scopo, nelle autorizzazioni integrate ambientali statali non è infrequente l’introduzione, in aggiunta a prescrizioni sui limiti emissivi in termini di concentrazione o di emissione specifica, di condizioni in termini di limiti in flusso di massa o addirittura in termini di limitazione della capacità produttiva».
Limitazioni che, sottolinea il comitato “Salute e Vita”, l’amministrazione comunale di Salerno non ha mai preso in considerazione, pur nella consapevolezza della criticità della situazione sotto il profilo ambientale e della salute pubblica.

